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Da quando insegno, uno dei miei più grandi crucci è sempre stato quello delle interrogazioni. Qualche anno fa ho preso una decisione drastica: non le faccio più.
Per cercare di farvi capire le motivazioni di questa scelta, parto dal punto in cui nascono tutti i traumi: l’adolescenza a scuola e, in questo caso, parlo della mia.
Una cosa che mi è successa quando ero studente
Ero in prima liceo scientifico, nell’anno scolastico 2000/2001. Io e il mio compagno di banco stavamo chiacchierando, chissà di cosa poi. Il prof di matematica, che i miei compagni di classe – qualora fossero iscritti a questa newsletter – ricorderanno sicuramente, mi chiamò per interrogarmi. Io, che fino a pochi mesi prima ero in una scuola media di paese, già stordito da tutto quello che stava accadendo (il pendolarismo ogni giorno, nuovi compagni che non conoscevo, nuove materie – il latino! – e quelle vecchie più difficili) mi alzai dal banco sapendo di essere stato colto in flagranza di “reato” e che il prof stava – innanzitutto – per punirmi con una interrogazione.
Ma poi, quel prof di quella materia: matematica. Era la mia materia preferita, fino alle medie andavo stra-bene, ma in quel momento preciso mi sentivo stra-scarso. Non avevo ascoltato una cippa di quello che aveva spiegato: che cosa mi stava per chiedere?
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